Non tutti i derivati vengono per nuocere

Avventurarsi nella difesa dei derivati ha del temerario. Soprattutto oggi e soprattutto in Italia. 'Oggi' perchß proprio in questi giorni la parola 'derivati' è il prezzemolo che condisce ogni commento sulla cosiddetta 'crisi dei mutui subprime'. Per colpa dei 'derivati' il rischio di insolvenza dei mutuatari subprime avrebbe raggiunto le tasche di ignari investitori. Un pò come dire che è colpa degli alberi se si propagano gli incendi. La verità è che i derivati hanno permesso di 'polverizzare' i rischi di credito su una moltitudine di strumenti e quindi di risparmiatori, salvando il sistema nel suo complesso.

Se poi la parola 'derivati' viene calata nella realtà dell'Italia, ecco il grido di allarme di mille cassandre pronte a condannarli come la peste. Non senza alcune buone ragioni. Negli anni dal 2000 al 2005 chiudere uno swap, soprattutto se esotico, intrigava molto enti locali e corporates. In quegli anni le autorità di vigilanza sembrano non accorgersi che alcune banche (una in particolare) gonfiano gli utili in bilancio vendendo migliaia di swap esotici a piccole e medie aziende, spesso incoscienti dei pericoli insiti, caricando margini eccessivi. A convincerle c'è il bastone: senza derivato niente fido. Ma c'è anche la carota, 'l'upfront', una somma concessa a pronti, poca cosa rispetto al rischio di pagare in futuro pesanti differenziali legati alla volatilità di Euribor o Libor USD.

I dolori cominciano quando il TUS BCE sceso al 2% provoca il ribasso di tutta la curva Euribor mandando in malora molti di quegli swap. E gettando, almeno in Italia, un'ombra funesta sulla categoria dei derivati nel loro insieme. Per le banche che non hanno partecipato al banchetto (perchß vincolate da regole interne di compliance) è un bel problema: molti clienti inorridiscono alla sola parola swap, aizzati oltretutto da una certa stampa che comincia a dedicarsi assiduamente al tema. Spuntano giornalisti che senza capirne granchß spacciano gli IRS plain vanilla come l'unica panacea. La realtà è ben diversa. Oltre agli esotismi in salsa padana, è colpa proprio degli IRS float to fix se molte aziende hanno rinunciato ai benefici della discesa dei tassi. Del resto era prevedibile: le curve di tasso hanno un'inclinazione positiva che sconta un'attesa di crescita dei tassi a breve. Crescita che, statisticamente, o non si verifica o si verifica in misura minore o per un tempo inferiore a quanto suggerito dai forwards. Dato che pagando il fisso si scommette su una crecita dei tassi oltre i forwards, 8 volte su 10 la scommessa è perdente. A questo proposito è interessante osservare la figura 1 che illustra come l'evoluzione dei tassi abbia quasi sempre disatteso i forwards per difetto.

A dispetto dunque di quanto leggiamo sulla stampa, i derivati andrebbero usati alla luce di poche semplici regole:

- l'IRS float to fix non è la soluzione di tutti i mali. Se si sceglie questo strumento è opportuno smontarlo quando il mark to market diventa sostanzialmente positivo perchß non resterà tale a lungo e perchß in quel momento l'IRS ha svolto la sua funzione di protezione dal rialzo dei tassi.

- Tutte le combinazioni di cap, floor e swaption vanno considerate con attenzione per cercare la protezione dal worst-case scenario (una crescita dell'Euribor insostenibile) senza ingessarsi troppo e rinunciare alla discesa dei tassi (sempre in agguato).

- Senza eccedere con le ristrutturazioni, ogni posizione di swap va monitorata alla luce dell'evoluzione del mercato che riteniamo più probabile. Ad esempio oggi non è il caso di esporsi al rischio di ribasso dell'Euribor che potrebbe verificarsi già dal 2008 se la BCE decidesse di seguire la FED nei tagli al costo del denaro.

Vale insomma la pena di tornare padroni degli strumenti cercando quel che di buono possono offrire in ogni momento storico, stando alla larga delle leve e soprattutto degli upfront, ma evitando anche gli eccessi talebani del tipo 'o IRS vanilla o nulla'.

FRANCESCO PRATESI

Head of Derivatives Marketing

on Italian Corporates

T. +39 334 6246029

E. francesco.pratesi@bnpparibas.com

http://cib.bnpparibas.com.

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